Venerdì 26 febbraio sono riprese le attività dell’Officina Bourdieu con il seminario dal titolo «Une sociologie des bifurcations». Caratteristiche di un’opposizione ambivalente alla teoria di Bourdieu, tenuto da Alessandro La Monica presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pisa.
Di ritorno da un periodo di studio presso la Sorbonne (Paris IV), La Monica ha trattato il tema della sociologia delle “biforcazioni”, un metodo di ricerca che ha iniziato a ritagliarsi uno spazio significativo negli ambienti accademici francesi in seguito alla pubblicazione di un numero monografico dei «Cahiers internationaux de sociologie» dedicato a questo orientamento di studi (Trajectoires sociales et bifurcations, «Cahiers internationaux de sociologie», n.° 120, 2006) e di un volume curato da Marc Bessin, Claire Bidart e Michel Grossetti (Bifurcations. Les sciences sociales face aux ruptures et à l’événement, Paris, Éditions La Découverte, 2010).
I ricercatori che adottano questa prospettiva di studi prendono esplicitamente le distanze dalla tradizione strutturalista e dall’orientamento durkheimiano in particolare, recuperando nell’ambito della sociologia storica quella dimensione “événementielle” che la scuola delle «Annales» aveva contribuito a relegare ai margini della storiografia. Autori come Georg Simmel, Peter L. Berger e Thomas Luckmann costituiscono punti di riferimento fondamentali per questi studiosi, che mostrano un particolare interesse per l’interazionismo simbolico, la sociologia degli eventi di William H. Sewell e la nozione di “turning point”, elaborata da Everett Hughes e ridefinita in seguito da Andrew Abbott (nel volume curato da Bessin, Bidart e Grossetti troviamo due importanti traduzioni di saggi di Sewell e Abbott).
Nella prospettiva di questi sociologi le “biforcazioni” non sono variazioni prevedibili che comportano cambiamenti limitati nella vita degli individui, sono piuttosto degli eventi irreversibili e imprevedibili nel percorso biografico di un soggetto o di un gruppo sociale che assumono interesse proprio per la loro singolarità. L’ambizioso progetto di questo orientamento di studi pare essere quello di dare vita a una sociologia del contingente che si contrapponga a quel “devenir spinoziste des sciences sociales” di cui parlano Yves Citton e Frédéric Lordon con riferimento anche alla lezione di Pierre Bourdieu (Y. Citton, F. Lordon, sous la direction de, Spinoza et les sciences sociales. De la puissance de la multitude à l’économie des affects, Paris, Éditions Amsterdam, 2008).
Alessandro La Monica, giovane e attento studioso di Bourdieu, dopo aver sottolineato le differenze tra la prospettiva bourdesiana e quella degli studiosi delle “biforcazioni”, ha evidenziato alcuni loro debiti teorici non riconosciuti nei confronti dell’autore de La Misère du monde. Anche Bourdieu ebbe infatti modo di utilizzare le potenzialità euristiche dei racconti di vita, ma nella sua opera rimane centrale il ruolo della dimensione macrosociale, cui sempre rimandano i contenuti delle interviste. Oltre al diverso orientamento teorico, permangono dunque enormi distanze anche tra il metodo di ricerca di Bourdieu e quello adottato dai sociologi delle “biforcazioni”, che devono ancora dimostrare compiutamente l’effettiva fecondità della loro prospettiva teorica.
Elena Gremigni